Elucubrazioni camminando per Toledo.. II
UN PARADISO ABITATO DA DIAVOLI
...Sembra incredibile ma mi son convinto che sia cosi. La tragedia sta qui. La cultura del far del male e viver male, totalizzante nelle nostra pseudo-comunità, ci identifica davanti agli altri gruppi umani e fa 'funzionare' il nostro gruppo. Noi siamo Napoletani fieri solo in quanto siamo furbi e maligni e senza rispetto per le cose pubbliche, le persone, la civiltà. Sembra assurdo anche a me ma non vedo altri marchi d'identità comuni a noi tutti. Vi invito a smentirmi. Di cosa ci sentiamo fieri altrimenti quando siamo fuori da Napoli e tra di noi? Il massimo che ci fa ridere e godere di una battuta spiritosa è dire ''Io a quello, l'ho fatto fesso ! '' - '' Quello si è fatto fare fesso, quell'altro è nu strunz ! '' - '' Ma chi te lo fa fare ? '' etc..Non ne possiamo prescindere anche se lo volessimo. Ad esempio : per quanto lo desideriamo, non sentiamo mai di star facendo una cosa valida nel rispettare una legge , una regola, praticare un atto di gentilezza e buona educazione in pubblico ; il nostro gruppo ci impone inconsciamente di far del male e far tutto male, siamo interiormente rosi dal dubbio di essere inetti e deboli in seno alla nostra società e quindi meritevoli di derisione ed emarginazione . I piu' coraggiosi lo fanno, ma sono eroi ! . A Napoli si è già eroi per il mero fatto di osservare il semaforo rosso e lasciar un bimbo o un anziano attraversare la strada sulle strisce pedonali. Ma dentro di sè i pochi Napoletani che agiscono rettamente, li perseguita la nausea e il rimorso della inutilità e della ridicolaggine di una azione normale e in sè buona. Disse Corrado Alvaro ( 1895-1956, scrittore e uomo di cultura calabrese attentissimo nelle sue opere al problema della società meridionale)
''La disperazione più grande che possa impadronirsi di una società, è il dubbio che vivere rettamente sia inutile ''
Essere decenti esseri umani e decenti cittadini di Napoli ( dico: decenti, senza pretese) comporta reprimere noi stessi come siamo da secoli ; non e' facile; ed è tragico pensare che si debba arrivare a tanto . Un'identita' al di fuori di quella che abbiamo ora [e che qui su questo blog stigmatizziamo] non esiste, non e' mai esistita.
E' ancora da creare.
Non si da' un tempo felice nella nostra storia di cui fantasticare che eravamo Bella Gente, ammirati da tutti.
Io non lo vedo, scavo nei libri di storia ma ancora non ho visto un bel popolo.Individui eccelsi ma una collettività orrenda. Siamo allegri, strafottenti, ridanciani, incattiviti, arrangioni, sfruttati, dominati da tutti gli stranieri ( non ultimi i Savoia con l'Unità d'Italia, certo! E oggi peggio che mai dai nostri politici e funzionari locali di questa cleptocrazia) ladri e parassiti, poeti della loro tragica e grottesca vita con canzoni, canzonette e poesie, lazzari felici come cantava Pino Daniele, ma MAI normali cittadini come si vedono Inglesi, Francesi e Tedeschi o Italiani Piemontesi e Lombardi e Romani, quanto meno mediamente accettabili.
Non si dà ciò , se appena si conoscono i fatti storici. ( e vale anche con minore gravità per il resto dei meridionali, al di sotto del fiume Garigliano)
I nuovi Napoletani degni di questo nome saranno dunque i DISSIDENTI , quelli che odiano se stessi e ciò che fin da bambini è stato loro inculcato; quelli che accetteranno la sfida di far esperienza di una crisi di identità dolorosa e cercarne un'altra costruita su nuovi principi etici e comportamenti che non ha più a che fare col passato e la tradizione percheè la nostra tradizione di popolo napoletano e' fogna morale; i Napoletani a ' tolleranza zero' , che ripudiano la loro stessa identità come membri di QUESTO gruppo sociale saranno una speranza. Solo loro.Ecco perciò tanto rigetto e livore contro questa categoria minuscola di strane e nuove larve napoletane.
La nostra identità di gruppo umano ( antichissimo) è fondata su archetipi di organizzazione sociale retrograda, piramidale, a-logica, a-morale e im-morale, sleale, economicamente parassitaria, votata al male. Far del male e far tutto male distruggendo quale simbolo di riscatto e 'valitudine' dell'individuo , della famiglia e del gruppo . Questo e' un nostro archétipo di massa. E' un tipico tratto antropologico delle societa' che hanno sempre subìto la dominazione dello straniero per troppi secoli, secondo me, e trasmettono l'esercizio del 'male di vivere' alle nuove generazioni infondendo la persuasione che ciò sia buono e giusto .
E' il tipico modo di reazione dei popoli falliti e perdenti ( vedi gli zingari e certi popoli sudamericani o le tribu' involute delle isole di Borneo e Sumatra che non hanno mai raggiunto inostri tempi pur vivendo fra noi.)
Noi, come loro, ci distruggiamo dal nostro interno per sfogare la rabbia e l'incapacita' di darci valori positivi di rigore e rettitudine cui far riferimento e un buon autogoverno. Non l'abbiamo mai imparato da nessuno, ne' tantomeno siamo riusciti a svilupparlo da soli. Questo e' detto su grande scala antropologica. Ovviamente. Ci sono da fare i 'distinguo' e le obiezioni che sarei ben lieto di leggere e apprendere da voi... (segue)
E mmò favurite roje bbèlli ttazzulélle 'e cafè p'o male 'e capa , Dutto', prima di proseguire--->


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