domenica 30 settembre 2007

Napoletani § la zona grigia

LA ZONA GRIGIA

Cosa è :

Il termine - zona grigia - in realtà è stato introdotto da Primo Levi nel capitolo di un suo libro più importante, uno dei più importanti della seconda metà del XX secolo, I sommersi e i salvati (Einaudi). Levi sollevava il problema della nostra «tendenza manichea a fuggire le mezze tinte» ; e’ tabù per noi pensare che esistano realtà intermedie di collusione tra vittime e persecutori. Naturalmente parlava del Lager, eppure anche di tutte quelle situazioni e luoghi dove si trovano a convivere centinaia o migliaia di persone, dalle caserme agli uffici, dagli ospedali alle fabbriche, là dove si produce quella dialettica di potere tra un vertice che comanda e un una base che ubbidisce.

In mezzo staziona appunto la Zona Grigia, quella massa amorfa e moralmente incosciente di coloro che in vario modo e a vario titolo e responsabilità collaborano al funzionamento della macchina di potere. Levi voleva far capire che questa zona possiede «una struttura interna incredibilmente complicata, ed alberga in sé quanto basta per confondere» la nostra capacità di giudicare. Valutare il concorso di colpa dei singoli collaboratori, grandi o piccoli che siano, è sempre difficile, aggiungeva Levi, senza con questo voler assolvere nessuno.

Voleva capire e farci capire che «l’ascesa dei privilegiati, non solo nel Lager ma in tutte le convivenze umane, è un fenomeno angosciante ma immancabile: essi sono assenti solo nelle utopie».

Vent’anni dopo la formula, nata per capire la complessità delle relazioni di potere, diventa una chiave passepartout buona per leggere ogni realtà di relazione umana di dominio, di infliggimento del dolore, della morte, di perfidia, di collasso sociale. Non ultimo il nostro sistema di vita di camorra a Napoli.

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<<… Siamo stati capaci, noi reduci, di comprendere e di far comprendere la nostra esperienza? Ciò che comunemente intendiamo per "comprendere" coincide con "semplificare": senza una profonda semplificazione, il mondo intorno a noi sarebbe un groviglio infinito e indefinito, che sfiderebbe la nostra capacità di orientarci e di decidere le nostre azioni. Siamo insomma costretti a ridurre il conoscibile a schema: a questo scopo tendono i mirabili strumenti che ci siamo costruiti nel corso dell'evoluzione e che sono specifici del genere umano, il linguaggio ed il pensiero concettuale.

Tendiamo a semplificare anche la storia; ma non sempre lo schema entro cui si ordinano i fatti è individuabile in modo univoco, e può dunque accadere che storici diversi comprendano e costruiscano la storia in modi fra loro incompatibili; tuttavia, è talmente forte in noi, forse per ragioni che risalgono alle nostre origini di animali sociali, l'esigenza di dividere il campo fra "noi" e "loro", che questo schema, la bipartizione amico-nemico, prevale su tutti gli altri. La storia popolare, ed anche la storia quale viene tradizionalmente insegnata nelle scuole, risente di questa tendenza manichea che rifugge dalle mezze tinte e dalle complessità: è incline a ridurre il fiume degli accadimenti umani ai conflitti, e i conflitti a duelli, noi e loro, gli ateniesi e gli spartani, i romani e i cartaginesi, i bianchi e i neri, i guelfi e i ghibellini. Certo è questo il motivo dell'enorme popolarità degli sport spettacolari, come il calcio, il baseball e il pugilato, in cui i contendenti sono due squadre o due individui, ben distinti e identificabili, e alla fine della partita ci saranno gli sconfitti e i vincitori. Se il risultato è di parità, lo spettatore si sente defraudato e deluso: a livello più o meno inconscio, voleva i vincitori ed i perdenti, e li identificava rispettivamente con i buoni e i cattivi, poiché sono i buoni che devono avere la meglio, se no il mondo sarebbe sovvertito.

Questo desiderio di semplificazione è giustificato, la semplificazione non sempre lo è. È un'ipotesi di lavoro, utile in quanto sia riconosciuta come tale e non scambiata per la realtà; la maggior parte dei fenomeni storici e naturali non sono semplici, o non semplici della semplicità che piacerebbe a noi. Ora, non era semplice la rete dei rapporti umani all'interno dei Lager: non era riducibile ai due blocchi delle vittime e dei persecutori. In chi legge (o scrive) oggi la storia dei Lager è evidente la tendenza, anzi il bisogno, di dividere il male dal bene, di poter parteggiare, di ripetere il gesto di Cristo nel Giudizio Universale: qui i giusti, là i reprobi. Soprattutto i giovani chiedono chiarezza, il taglio netto; essendo scarsa la loro esperienza del mondo, essi non amano l'ambiguità. La loro aspettazione, del resto, riproduce con esattezza quella dei nuovi arrivati in Lager, giovani o no: tutti, ad eccezione di chi avesse già attraversato un'esperienza analoga, si aspettavano di trovare un mondo terribile ma decifrabile, conforme a quel modello semplice che atavicamente portiamo in noi, "noi" dentro e il nemico fuori, separati da un confine netto, geografico. >>

Come agisce :

<< L'ingresso in Lager era invece un urto per la sorpresa che portava con sé. Il mondo in cui ci si sentiva precipitati era sì terribile, ma anche indecifrabile: non era conforme ad alcun modello, il nemico era intorno ma anche dentro, il "noi" perdeva i suoi confini, i contendenti non erano due, non si distingueva una frontiera ma molte e confuse, forse innumerevoli, una fra ciascuno e ciascuno. Si entrava sperando almeno nella solidarietà dei compagni di sventura, ma gli alleati sperati, salvo casi speciali, non c'erano; c'erano invece mille monadi sigillate, e fra queste una lotta disperata, nascosta e continua. Questa rivelazione brusca, che si manifestava fin dalle prime ore di prigionia, spesso sotto la forma immediata di un'aggressione concentrica da parte di coloro in cui si sperava di ravvisare i futuri alleati, era talmente dura da far crollare subito la capacità di resistere. Per molti è stata mortale, indirettamente o anche direttamente: è difficile difendersi da un colpo a cui non si è preparati.

Il sistema concentrazionario, aveva lo scopo primario di spezzare la capacità di resistenza degli avversari: per la direzione del campo, il nuovo giunto era un avversario per definizione, qualunque fosse l'etichetta che gli era stata affibbiata, e doveva essere demolito subito, affinché non diventasse un esempio, o un germe di resistenza organizzata.

L'urto contro la realtà concentrazionaria coincide con l'aggressione, non prevista e non compresa, da parte di un nemico nuovo e strano, il prigioniero-funzionario, che invece di prenderti per mano, tranquillizzarti, insegnarti la strada, ti si avventa addosso urlando in una lingua che tu non conosci, e ti percuote sul viso. Ti vuole domare, vuole spegnere in te la scintilla di dignità che tu forse ancora conservi e che lui ha perduta. Ma guai a te se questa tua dignità ti spinge a reagire: questa è una legge non scritta ma ferrea, il zurückschlagen, il rispondere coi colpi ai colpi, è una trasgressione intollerabile, che può venire in mente appunto solo a un "nuovo". Chi la commette deve diventare un esempio: altri funzionari accorrono a difesa dell'ordine minacciato, e il colpevole viene percosso con rabbia e metodo finché è domato o morto. Il privilegio, per definizione, difende e protegge il privilegio. >>

Cosa porta con sé :

<< L'ascesa dei privilegiati, non solo in Lager ma in tutte le convivenze umane, è un fenomeno angosciante ma immancabile: essi sono assenti solo nelle utopie. È compito dell'uomo giusto fare guerra ad ogni privilegio non meritato, ma non si deve dimenticare che questa è una guerra senza fine. Dove esiste un potere esercitato da pochi, o da uno solo, contro i molti, il privilegio nasce e prolifera, anche contro il volere del potere stesso; ma è normale che il potere, invece, lo tolleri o lo incoraggi.

La classe ibrida dei prigionieri-funzionari ne costituisce l'ossatura, ed insieme il lineamento più inquietante. È una zona grigia, dai contorni mal definiti, che insieme separa e congiunge i due campi dei padroni e dei servi. Possiede una struttura interna incredibilmente complicata, ed alberga in sé quanto basta per confondere il nostro bisogno di giudicare.>>

Gli effetti :

<< Ma i collaboratori che provengono dal campo avversario, gli ex nemici, sono infidi per essenza: hanno tradito una volta e possono tradire ancora. Non basta relegarli in compiti marginali; il modo migliore di legarli è caricarli di colpe, insanguinarli, comprometterli quanto più è possibile: così avranno contratto coi mandanti il vincolo della correità, e non potranno più tornare indietro. Questo modo di agire è noto alle associazioni criminali di tutti i tempi e luoghi, è praticato da sempre dalla mafia, e tra l'altro è il solo che spieghi gli eccessi, altrimenti indecifrabili, del terrorismo italiano degli anni '70.

In secondo luogo, ed a contrasto con una certa stilizzazione agiografica e retorica, quanto più è dura l'oppressione, tanto più è diffusa tra gli oppressi la disponibilità a collaborare col potere. Anche questa disponibilità è variegata da infinite sfumature e motivazioni: terrore, adescamento ideologico, imitazione pedissequa del vincitore, voglia miope di un qualsiasi potere, anche ridicolmente circoscritto nello spazio e nel tempo, viltà, fino a lucido calcolo inteso a eludere gli ordini e l'ordine imposto. Tutti questi motivi, singolarmente o fra loro combinati, sono stati operanti nel dare origine a questa fascia grigia, i cui componenti, nei confronti dei non privilegiati, erano accomunati dalla volontà di conservare e consolidare il loro privilegio.

Lo sapeva bene il Manzoni: "I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano 1'animo degli offesi". La condizione di offeso non esclude la colpa, e spesso questa è obiettivamente grave, ma non conosco tribunale umano a cui delegarne la misura.

Piuttosto che logorare, il potere corrompe; tanto più intensamente corrompeva il loro potere, che era di natura peculiare... >>


<<...esistono persone grige, ambigue, pronte al compromesso.>>

PRIMO LEVI, SOPRAVVISSUTO AD AUSCHWITZ, da : I Sommersi e I Salvati ; 1986

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§ LA BUONA GENTE §

<<...Fino a questo punto non abbiamo parlato che di camorristi militanti, appartenenti per la maggior parte agli infimi strati della societa'. E' necessario dire che la camorra non ha piu'come in altri tempi ramificazioni nelle classi dirigenti?..Accanto ai membri attivi si trova una sorta di terz'ordine che lavora con essa, le fornisce indicazioni, si serve di essa e la serve senza farne espressamente parte. E' quella che si chiama BUONA GENTE. La Camorra prende la BUONA GENTE sotto la sua protezione e a buon rendere. E' molto facile esserne affiliati senza accorgersene, per via della presentazione di un amico o pagando un contributo. Siete calssificati fra i BUONI? Se avete un creditore impietoso, costui, a richiesta di un camorrista, vi accordera' una dilazione. Siete in ritardo col vostro proprietario? La ''società'' garantirà il pagamento. Avete commesso un delitto? La ''società'' vi fornirà a scelta un uomo di paglia che si farà condannare al vostro post, o i falsi testimoni necessarii per farvi un alibi. Questi testimoni saranno talvolta rispettabili commercianti. Una donna e' stata pestata dal marito? La ''società'' (La Onorata Società) farà pestare il brutale. E' stato commesso un furto? Essa farà ritrovare gli oggetti rubati , trattando il 100%. Su questo capitolo le prove abbondano. Una ragazza è stata sedotta? I genitori hanno fatto parlare inutilmente al seduttore dai magistrati e dai preti. La Camorra interviene in ultima istanza e sa convincere i più recalcitranti.
Avete subìto una propotenza? La ''società'' vi sottopone le sue tariffe e vi offre una scelta molteplice di riparazioni, poi perfino i colpi anonimi di bastone, e ivi compreso il colpo di coltello. L'assassinio a forfait è una delle specialità della ditta; essa ha sempre per le sue imprese una enorme riserva di bravi che dànno il colpo di stiletto, con rara eleganza, come se bevessero un bicchier d'acqua del Serino. Un colpo di coltello importante costa da 10 a 20 franchi; un semplice sfregio di rasojo dai 5 ai 10.
Se la camorra non fosse che una semplice associazione di criminali che vivono di estorsioni a danno dei miseri, molto proteggendoli è vero fino ad un certo punto; se non fosse rappresentata che da picciuotti e dai camorristi prepotenti in azione nei quartieri bassi, già da tempo sarebbe stata stroncata dal pugnodi ferro dei poliziotti piemontesi. Qualche retata della Pubblica Sicurezza, una larga applicazione della carcerazione e del domicilio coatto l'avrebbero presto soppressa. ma accanto e al di sopra dei malfattori volgari, essa ha rappresenanti che eesercitano una vera magistratura. La cosa, per quanto sembri inverosimile, è sicura. In questo paese dove l'azione giudiziaria e' lenta e costosa, dove il minimo processo civile puo' durare 20 anni, la minima vertenza puo' durare 18 mesi dinanzi al giudice di pace, dove la carta bollata costa franchi 3,60 al fogli, dove la miseria generale genera la malafede, dove la riscossione dei crediti è bloccata da mille espedienti dilatori legali, dove le spese legali enormi lasciano spessissimo le parti in causa vincenti impoverite come quelle perdenti, si vuol anche comprendere l'esistenza di arbitri più o meno occulti, pacieri che sanno far rispettare le loro decisioni pronunziate senza spese o tariffate a prezzi minimi, ed esecutive nelle 24 ore. Questo è il ruolo svolto in ciascun quartiere di Napoli da un camorrista; una specie di giudice di pace ufficioso, facilmente accessibile, di un'onorabilità unanimemente riconosciuta, e che avendo per ufficiali giudiziarii un esercito di picciotti pronti ad agire col coltello o col revolver, è sicuro di vedere le sue decisioni eseguite senza ritardi...>>

(Marcellin Pellet, Napoli contemporanea, console generale di Francia a Napoli dal 1888 al 1892)

DILEMMI § QUESITI

Ragioniamo ora per analogia, osservando dal di fuori la nostra vita a Napoli
e Vi domando :

E voi, avete mai sospettato di voi stessi di esser già scivolati nella zona grigia?
E se c'è una ZONA GRIGIA VASTISSIMA, come possono esserci 'cose belle' a Napoli?
come moltissimi Napoletani si aspettanoe pretendono ci siano?
Chi detiene la maggioranza a Napoli? I 'Buoni' o i Camorristi?
Il 50+1 % a chi appartiene?
Quanta è la percentuale di Napoletani onesti e quanta di camorristi e delinquenti a vario titolo a Napoli e provincia.
Voi, siete sicuri in tutta coscienza di non essere 'Buona Gente'?
Magistrati , Polizia, Carabinieri, Prefetti,Questori, Vigili Urbani, Guardie Municipali, Impiegati Comunali, Sindaco , Assessori, Dirigenti Amministrativi, impiegati ordinarii, da che parte stanno secondo voi? Su che tonalita' della scala di grigio li collocate, se mai?
Quanto son grigi la coscienza e i comportamenti della massa dei 'Buoni' Napoletani ?


NAPOLI E' IRREDIMIBILE? COME SCONFIGGERE LA CAMORRA?
TRIONFA LA SdG SEMPRE? O C' E' QUALCHE SPERANZA?
VI APPARTENIAMO TUTTI INCONSCIAMENTE ?